Invisibile: un’introduzione. 

How to disappear completely

a cura di Genealogie del Futuro 

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Miseria del corpo: una fictionance

di Samir Galal Mohamed

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Diverse forme di alterità: Annie Ernaux e il corpo assente

di Amanda Rosso

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Leggere il corpo-mente disabile: la visibilità obbligata come dispositivo di oppressione

di Julia Arena

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Riscritti e Rimossi

di Zeroscena

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(In)abitato

di Silvia Manzini

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ISOLE

di Desireé Alagna

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VELUM

di Camilla Gurgone

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I miei occhi sono foglie verdi

di Alessandra Gatto

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Wings Under Glass

di Lorenzo Zerbini

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Cacher la poussière sous le tapis

di Luca Avigo

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LISTEN. 

Il suono come materia architettonica invisbile

di Jael Arazi e Clara Rodorigo

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Fiorire nel buio: custodire il glitch tra i silenzi di foreste digitali

di Vittoria Martinotti

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Entertainment worker.

Un’opera raccontata

di Daniel Dolci

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Donne invisibili nell’editoria italiana.
Intervista a Roberta Cesana

di Anita Fonsati

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Fonti

per approfondire

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Miseria del corpo: una fictionance

di Samir Galal Mohamed

Nicola Di Giorgio, Calcestruzzo, Chiesa Parrocchiale del SS. Crocifisso, Palermo, #3, 2020, courtesy Fondazione MAXXI

[H.-C.l. è ritenuto il più influente storico e critico d’arte contemporaneo. Le sue ricerche nel campo delle arti performative hanno prodotto il prodigioso e controverso manuale Miseria del corpo: il pensiero imbarazzante, sopra il quale si è formata una nuova generazione di intellettuali. A chi scrive è stato accordato il privilegio di assistere al confronto fra l’autore e alcunə studiosə. Questa è la trasposizione di quanto dibattuto.]



Com’è noto, è attesa la ristampa del suo testo capitale, con un’inedita prefazione. Che cosa è accaduto al “corpo” da allora?

 

La sensibilità estetica è diminuita drasticamente, quasi prosciugata. In contrasto con la percezione comune, i corpi degli altri ci lasciano del tutto indifferenti. Periodicamente torniamo a interessarci a forme d’arte che, altrove, ho definito «squisitamente autentiche», oppure a quelle «estremamente complesse» – una divisione che ai più apparirà tanto arbitraria quanto perentoria rispetto agli ambiti di competenza. Eppure, ciò che avvertiamo come autentico non può formalmente risolversi in un’operazione complessa, e viceversa. Il corpo, purtroppo, da tutta la faccenda, ne è naturalmente escluso.

 

Il corpo sembra conservare una posizione privilegiata nel discorso, sia esso artistico, filosofico o politico. Evidentemente nella sua ricostruzione sussiste ancora qualcosa che un corpo non può fare…

 

I corpi esibiti, danzanti, coreografici – ovvero artistici, filosofici e politici – vogliono, e sanno, soprattutto veicolare teoria, significazione, conducendo l’operazione di performance fino alla propria negazione, alla rappresentazione trionfale del pensiero. 

La presentazione materica avviene attraverso un processo di astrazione, e la materia decade, impoverita. Il sesso, per esempio, nel soggetto performativo, non è autentico né complesso: fruito in uno spazio di significazione costituito, cioè quello dell’evento o della prestazione, quale che sia la cornice, viene livellato, represso, taciuto. Nella performance, i corpi sessuali ammettono semplicemente d’essere noiosi. Denotano l’eccedenza incorporea del senso. È quest’ultimo a fagocitare causa efficiente e finale della sproporzione – dunque dell’ideologia, e della mia critica –, non il suo vettore.

È il nucleo scottante della ricognizione. Ci siamo liberati del dualismo cristiano-cartesiano, dell’opposizione mente/corpo, per instaurarne una ulteriore, immanente, corpo-effigie/corpo-concetto? È questo che dovrebbe imbarazzarci oggi?

 

Il corpo è stato rinnegato, tradito, e infine ucciso. Ora, quel corpo è risorto, si è fatto BIOS. E di nuovo, ridotto a concetto, operatore, non già uno e trino, ma uno e molteplice. Corpo politico santo, concetto virtù proprietà. L’onnipresenza del corpo nel discorso, meglio di qualunque altra occorrenza, testimonia la tendenza tutta umana all’astrazione. Nondimeno quel corpo oggetto di nozione intende, e sa, soltanto di morire – terminare la significazione. «Che l’io-corpo muoia», dice. È un “inconcepibile” ciò che il pensiero, da sempre, vorrebbe negoziare: l’odio riflettente per il corpo. Ecco ripristinato l’antico e mortificato impianto dualistico: è sgradevole accettarlo, ma dobbiamo riconoscere quanto sia faticoso conservare autonomia lavorando dall’interno di un binomio coercitivo, finanche latente; fare opposizione, significare un fatto artistico. È questo, oggi, che dovrebbe imbarazzarci.

 

Dovremmo disabituare il corpo ai “codici” per poterne scorgere le potenzialità?

 

Dovremmo disabitarlo, di colpo. Prima come artisti, poi come specie.



(Risate, imbarazzate).

 

(Silenzio. Una giovane persona si alza dalla gradinata, raggiunge la postazione del conferenziere, si spoglia completamente. Protende il busto in avanti, si china. Spalanca la bocca e vi infila l’indice della mano destra. Pensiamo stia tentando di procurarsi un rigurgito gastrointestinale; non provoca che conati. Nel mentre, introduce l’indice sinistro nell’ano. Crediamo stia stimolando la parete interna per indurre la defecazione. Ci sbagliamo. H.-C.l. prende appunti, rimane impassibile. Poi scandisce questa proposizione: «Il trattenimento dell’organico nel corpo è il grado zero della significazione»).



[Scolio: resta da chiarire, per chi scrive, se il corpo-critico di H.-C.l. sia una finzione o, peggio, una proiezione].

Samir Galal Mohamed  (Sassocorvaro, 1989) ha esordito con la silloge Fino a che sangue non separi, contenuta in «Poesia Contemporanea. Dodicesimo Quaderno Italiano» (Marcos y Marcos, 2015). Il suo primo libro, Damnatio Memoriae, è incluso nella collana di poesia “Lyra Giovani” (Interlinea Edizioni, 2020). Suoi testi e interventi appaiono regolarmente in riviste cartacee e online, italiane e straniere. Attualmente vive a Bologna, dove svolge un Dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche.

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